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Inter-Udinese, l’ex arbitro Gavillucci: “Per me non era calcio di rigore. Non lo era in campo e tantomeno era passibile di una chiamata al Var”

L’ex arbitro Gavillucci, intervenuto a “Radio 1”, si è espresso così sul calcio di rigore concesso all’Inter dall’arbitro Di Bello nella partita contro l’Udinese;


“Per me non era calcio di rigore. Non lo era in campo e tantomeno era passibile di una chiamata al Var. Probabilmente, e questo perché siamo uomini, potrebbe aver inciso quello che era successo a Bologna con lo stesso Di Bello pochi mesi fa. L’uniformità di giudizio è l’Eldorado degli arbitri, è la cosa più difficile da raggiungere sia all’interno di una stessa partita che all’interno di un campionato”. 
 
Sull’episodio clamoroso del rigore che non è stato concesso al Bologna contro la Juventus – alla seconda giornata – per il contatto in area di rigore fra Iling e Ndoje, malgrado l’attento esame del Var. Un rigore definito solare da tutti, meno che dalla terna arbitrale… come si spiega?


“La risposta è più semplice di quello che potremmo pensare. E’ un errore. E’ un errore prima in campo, perché per dinamica e casistica quella tipologia di intervento è quasi sempre rigore, e quindi l’arbitro avrebbe dovuto fischiare”.

E poi c’è l’errore avallato dal Var che non ha valutato nella maniera corretta la possibilità di richiamare il collega al Monitor. Purtroppo se la tecnologia viene utilizzata da uomini ci saranno sempre errori, anche clamorosi, come questo”
 

All’inizio, a molti osservatori , sembrò di percepire una resistenza degli arbitri all’introduzione del Var
“E’ un problema di evoluzione psicologica. Di quello che un arbitro fino a quel momento era stato abituato a fare, andando dritto nelle proprie convinzioni fino al 90mo anche a fronte di un chiaro errore che aveva percepito di aver commesso… rispetto a quello che accade oggi, dove 5 secondi dopo aver fischiato un calcio di rigore si viene richiamati da un collega e ci viene chiesto di rivedere la propria decisione. E’ una bomba psicologica: un aiuto dal punto di vista tecnico ma anche una bomba psicologica che deve essere gestita da esperti: bisogna lavorare sulla testa degli arbitri”
 

Sulla presunta sudditanza psicologica degli arbitri nei confronti delle grandi squadre:


“Io parlerei più che altro di Sudditanza Mediatica, perché quando ero ai massimi livelli dell’arbitraggio italiano ho percepito che a fronte di una contestazione mediatica delle squadre che, a prescindere dai colori, hanno una potenza mediatica maggiore c’era poi un’attenzione nella designazione… l’attenzione di mandare o non mandare un determinato arbitro. L’emblema è il caso di Orsato che dopo l’episodio di Inter – Juventus non ha più arbitrato l’Inter per anni.  Quindi non mandare un arbitro che avesse sbagliato con quella squadra che aveva fatto casino sui giornali e sui media”. 

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